A Bari dalla fine dell’ottocento
Le Suore ASC giungono a Bari alla fine dell’800. Fu allora che una piccola comunità si insediò nella città vecchia svolgendo un apostolato tra i poveri del quartiere in un contesto assai difficile. Le suore svolsero attività cristiana ma anche sociale: esse assunsero da subito un ruolo prezioso nella scuola per le giovani disagiate della città creata dalla nobildonna Fulvia Perotti, delle dame di carità. La scuola portò sollievo e offrì occasioni professionali a tante fanciulle colpite da degrado e ignoranza.
Le baresi dell’800 e il mercato del lavoro
Le suore si trovarono coinvolte in questo processo di recupero e promozione umana e sociale e presto diedero un segnale forte di stile e di feconda laboriosità, tanto che a livello cittadino furono additate come maestre, capaci di offrire dignità alle ragazze, schiacciate dall’indigenza, e un metodo di lavoro spendibile nel mercato esigente del lavoro.
L’esempio di Maria De Mattias
Questo primo drappello di suore pioniere del lavoro traeva forza e spinta dal proprio credo e aveva un esempio di straordinaria efficacia davanti agli occhi: la Madre Fondatrice Maria De Mattias, nella cui scia operavano insegnando la dottrina, ma anche un’attività manuale nell’arte del taglio, del cucito, del ricamo. Le Suore erano motivate non solo all’apostolato ma anche
all’attività dell’insegnamento e del lavoro, secondo i propri doni.
Ottanta iscritte nel 1893
Questo primo drappello di suore pioniere del lavoro traeva forza e spinta dal proprio credo e aveva un esempio di straordinaria efficacia davanti agli occhi: la Madre Fondatrice Maria De Mattias, nella cui scia operavano insegnando la dottrina, ma anche un’attività manuale nell’arte del taglio, del cucito, del ricamo. Le Suore erano motivate non solo all’apostolato ma anche all’attività dell’insegnamento e del lavoro, secondo i propri doni.Questi i motivi di fondo che animarono le prime suore giunte a Bari, poste subito al servizio delle giovani bisognose, le quali erano già 80 nel 1893 e il numero delle frequentanti andò sempre più crescendo a mano a mano che l’istituto s’ingrandiva acquisendo notorietà anche a livello nazionale per la bontà del prodotto manufatto. Si trattò di una crescita graduale che confermava la validità dell’istituzione; solo qualche cifra di riscontro: nel 1905 le allieve furono 235; nel 1910 salirono a 270; nel 1915 il numero passò a 300; nel 1920 furono registrate 346 allieve, suddivise tra scuola materna, elementare, scuola di musica, scuola-lavoro.
Il trasferimento nella sede attuale nel 1926
Suor Silvia Turci animò per circa 40 anni la comunità delle suore che intanto dalla sede di Corso Cavour, attiva già dal 1900 presso il palazzo de Leonardis, si erano trasferite nell’attuale sede Borea di Piazza Garibaldi: era il 7 novembre del 1926. Il nome Borea all’istituto fu dato nel 1901 da Giuseppe Borea che volle intitolare alla defunta moglie Giuseppina Borea-Angeli la scuola e l’attività che in essa svolgevano le suore, con le quali stipulò un vero contratto di collaborazione.
La laboriosità di Suor Silvia Turci
Le suore si trovarono coinvolte in questo processo di recupero e promozione umana e sociale e presto diedero un segnale forte di stile e di feconda laboriosità, tanto che a livello cittadino furono additate come maestre, capaci di offrire dignità alle ragazze, schiacciate dall’indigenza, e un metodo di lavoro spendibile nel mercato esigente del lavoro.La crescita spirituale della comunità, l’incremento delle attività, l’accortezza e la strategia nel governare i laboratori delle ragazze operaie, dedite ai lavori di biancheria, sartoria, ricamo, taglio e altro di economia domestica, furono curate, dirette e organizzate con amore, abnegazione, gioia spirituale dalla Suor Turci. Quando morì nel 1933, dopo aver retto dal 1894 tutte le attività connesse all’istituto, ci fu un concorso straordinario di popolo che volle testimoniare con la propria presenza l’affetto per questa suora ispirata e motivata, di rara sapienza cristiana, in possesso di una sottile mente organizzativa, di forte tempra, in grado di reggere confronti col mondo del lavoro, di dialogare con autorità civili e religiose, che mai seppero negarle quanto chiedeva. I giornali dell’epoca parlarono a lungo di questa grave perdita: la città di Bari perse un esempio di cristianesimo vissuto, un modello per le consacrate da seguire in comunità, una maestra di vita per tutti. Nessuno mai ha pensato di dedicare una via cittadina a questa operatrice sociale, benefattrice della città di Bari per 40 anni. Non è mai troppo tardi.
Nel 1986 l’Istituto Borea ha ospitato tra le sue mura un’attività analoga. Il Celips oggi, pur conservando lo spirito e le motivazioni che animarono le fondatrici dell’attività del secolo scorso, cura e segue attività formative di grande attualità con uno stile particolare.
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